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A proposito degli 80 anni della Rivoluzione russa
René Berthier
Tradotto da "Le Monde Libertaire" - 12/97
Pubblicato su “Comunismo Libertario” N° 33 - Aprile 1998
La Rivoluzione Russa provocò, all'interno del movimento libertario internazionale una forte lacerazione, con la quale, noi pensiamo, non sono stati fatti ancora tutti i conti.
Il sostegno che alcuni anarchici russi apportarono ai bolscevichi si fondava sul fatto che questi ultimi rifiutavano la pratica parlamentare della socialdemocrazia. In un primo momento credettero che fossero i bolscevichi ad allinearsi alle loro posizioni. Anche se queste illusioni ebbero vita brevissima, gli anarchici continuarono a difendere la rivoluzione contro le minacce di chi voleva ristabilire l'ordine precedente.
Ci fu tuttavia un contrasto curioso in seno al movimento anarchico su l'analisi complessiva della rivoluzione in atto, sulla strategia degli anarco-sindacalisti e l'assenza di reazione organizzata e coerente dell'insieme del movimento in Russia. Di contro i libertari ucraini svilupparono contemporaneamente sia la lotta armata sia una rete di organizzazione economica costruita in positivo in contesto rivoluzionario. Tutto quello che successe in seno al movimento anarchico russo sembrò caratterizzarsi per un assenza di legami con le lotte degli anarchici ucraini.[1] "Chi avrebbe potuto immaginare "- dice Skirda - "che una organizzazione del tipo dell'Alleanza bakuninista avrebbe potuto realizzarsi: adottare un punto di vista generale, propagandarlo, definire una linea di condotta pratica e metterla in opera..."
Il dopo-rivoluzione russo provocò direttamente o indirettamente, nel movimento anarchico e anarco-sindacalista internazionale tre tipi di reazioni.
La sintesi anarchica
La prima fu la "sintesi anarchica" di S. Faure, ripresa poi da Voline. Preso atto delle divisioni interne, sia di teoria sia d'organizzazione, presenti nel movimento anarchico in Russia, Voline propose una sintesi delle differenti correnti del movimento: anarco-comunista, anarco-sindacalista, individualista. Voline in breve sostenne che bisognava fare una sintesi teorica e filosofica di questi filoni dell'anarchismo al fine di superare i singoli approcci e dare vita ad una organizzazione che poggiasse sul meglio di quanto acquisito da ciascuna dottrina.
Il primo commento che si può fare è che la posizione di Faure e di Voline somiglia troppo all'eclettismo, cioè a quella pratica che consiste proprio nel fare un "cocktail" di diverse tendenze, scegliere alcuni aspetti e abbandonarne altri. Ancora Bakunin aveva attaccato ferocemente questa pratica, quando polemizzava contro Victor Cousin e denunciava queste posizioni come "salsette filosofiche".
In più, una sintesi non è una fusione. Fare sintesi di più idee vuol dire considerare ciò che esse hanno in comune, ciò che hanno contrapposto, e infine superare gli elementi di affinità e quelli di opposizione. Una sintesi è qualcosa d'altro rispetto agli elementi da cui siamo partiti. Se fosse tentata una sintesi delle diverse tendenze, non sarebbe comunque una somma di elementi positivi che starebbero uniti in base al principio della "tolleranza", ma qualcosa di essenzialmente differente che non è mai stato patrimonio delle organizzazioni richiamantesi alla sintesi.
Il Piattaforma di Archinov
Se Archinov non fu il solo a interrogarsi sulla sconfitta del movimento anarchico russo, fu tuttavia il più deciso a tentare di tirarne le conclusioni pratiche. Fece, in ogni caso, una critica impietosa del movimento. Archinov affermò chiaramente che "nessun'altra teoria politico-sociale avrebbe potuto fondersi così armoniosamente con lo spirito e l'orientamento della rivoluzione. Gli interventi degli oratori anarchici nel 1917, erano ascoltati dai lavoratori con una attenzione e una speranza molto particolare". Ma, subito dopo, aggiunse che "si sarebbe potuto dedurre che l'unione del potenziale rivoluzionario degli operai e dei contadini, con la potenza ideologica e tattica dell'anarchismo, avrebbe rappresentato una forza a cui niente si sarebbe potuto opporre." Purtroppo questa fusione non ci fu. Diversi anarchici isolati animavano spesso tra i lavoratori un'attività rivoluzionaria impareggiabile, ma restavano privati di una organizzazione anarchica, forte e radicata, che avrebbe permesso di condurre delle azioni più seguite e coordinate (fatta eccezione per la Confederazione Nabat e per la Makhnovchina in Ucraina). Solo una organizzazione di tal genere avrebbe potuto legare ideologicamente gli anarchici e i milioni di lavoratori.
"Purtroppo", sostenne ancora Archinov, "la parte più consistente degli anarchici si limitò ad attività troppo ancorate ai piccoli gruppi che agivano sul territorio invece di orientarsi verso azioni e parole d'ordine politiche di massa." Essi preferirono "perdersi nel mare delle loro dispute intestine" e non tentarono una sola volta "di porre e di risolvere il problema di una politica comune dell'anarchismo. A causa di questa carenza, si condannarono all'inazione, e alla sterilità durante i momenti più importanti della Rivoluzione sociale."
Le cause di questa stato catastrofico risiedevano nello "sparpagliamento" del movimento, nella disorganizzazione, nell'assenza di una tattica collettiva, tutti elementi che furono quasi sempre "stati eretti in principio dagli anarchici". Questa tragica esperienza ha "condotto le masse lavoratrici alla disfatta". Le masse lavoratrici sono istintivamente attirate dall'anarchismo, "ma esse non opereranno mai con il movimento anarchico fino a quando non saranno convinte della sua coerenza teorica e organizzativa."
In un altro testo, Archinov rifiutava l'idea che solo la repressione del potere impedì all'anarchismo di svilupparsi in Russia. La repressione bolscevica non fu che una delle cause, l'altra fu "l'assenza di un programma pratico percorribile all'indomani della rivoluzione."[2]
Rifugiatosi a Berlino, Archinov pubblicò il Messaggero anarchico, in russo, di cui sette numeri appaiono tra il 1923 e il 1924. Makhno e Archinov decidettero poi di trasferirsi a Parigi dove fondarono Dielo Trouda. Nel 1926, pubblicarono un progetto di piattaforma organizzativa per una Unione generale degli anarchici, più conosciuta con il nome di piattaforma Archinov anche se resta l'opera di un collettivo di militanti. Tutta la produzione del gruppo è concentrata sulla critica all'intervento degli anarchici durante la rivoluzione e sulla eleborazione teorica di proposte valide non solo per la Russia ma anche per il movimento internazionale. Poichè la principale ragione della sconfitta del movimento anarchico risiedette "nell'assenza di principi saldi e di una pratica organizzativa conseguente" era indispensabile eleborare un programma omogeneo e coerente.
La piattaforma si suddivide così in tre parti:
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Una parte generale che disegnava i principi fondamentali del comunismo libertario;
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Una parte costruttiva relativa ai problemi della produzione, della consumazione e della difesa della rivoluzione;
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Una parte consacrata ai principi generali dell'organizzazione anarchica: necessità della coerenza ideologica e tattica, unita alla responsabilità collettiva e al federalismo, ecc.
Malatesta scrisse una Risposta alla piattaforma nella quale dichiarò che i compagni russi "seccati dal successo dei bolscevichi nel loro paese, vorrebbero riunire tutti gli anarchici in una sorta di esercito disciplinato che, sotto la direzione ideologica e pratica di qualche capo, marcia compatta all'assalto dei regimi attuali e che, ottenuta la vittoria materiale, dirigerebbe la costituzione della nuova società."(3).
Tutti gli oppositori alla piattaforma fanno in realtà una confusione di fondo. Per chi non si accontenta del pressa poco e dei pregiudizi e si da la pena di entrare nel sistema bolscevico per comprenderlo, non ha alcuna possibilità di assimilarlo alle posizioni sostenute da Archinov e Makhno. In comune queste due tendenze hanno soltanto l'ambiente sociale semifeudale e protoindustriale da cui sono nate. Se bolscevismo e piattaformismo sono il prodotto di uno stesso contesto ciò non significa affatto che devono coincidere. Piuttosto c'è da dire che è molto probabile che se si fosse affermato il piattaformismo come elemento egemone sulla classe operaia occidentale la regressione che avrebbe subito il proletariato sarebbe stata della stessa ampiezza di quella prodotta dal bolscevismo.
Le risposte alla Piattaforma
Furono i principi relativi all'organizzazione il terreno che maggiormente preoccupò i più importanti porta parola del movimento anarchico europeo. Archinov dichiarò che "non potevano esserci diritti senza obblighi, come non potevano esserci decisioni senza che nessuno le applicasse". Il fatto che una decisione dovesse essere applicata, una volta assunta collettivamente era avvertito come una minaccia alla singola libertà individuale. Il principio della responsabilità collettiva fu ferocemente attaccato. Tuttavia l'idea che ogni militante dell'organizzazione rappresenta questa organizzazione nei suoi atti ed è responsabile dinanzi ad essa così come l'organizzazione stessa è l'insieme di tutti i suoi singoli militanti, non è altro che l'affermazione di un principio elementare accettato da chiunque aderisca ad una qualsiasi associazione.
La proposta di Archinov appare incontestabilmente come una reazione di classe d'un militante operaio rivoluzionario dinanzi alle tendenze piccolo borghesi: nel numero 23-24 della rivista scriverà infatti che "gli autori della Piattaforma partivano dal fatto della molteplicità delle tendenze contraddittorie presenti nel movimento anarchico, non con l'obiettivo di riunirle tutte, ma con lo scopo di selezionare ideologicamente e politicamente quelle tendenze che apparivano più omogenee e nello stesso tempo differenziarle rispetto agli elementi caotici, piccolo-borghesi e liberali dell'anarchismo."
Ecco quindi che l'accento messo per definire la piattaforma sull'aspetto autoritario o sulla deriva bolscevica mascherano i contenuti reali. Gli elementi di disaccordo tra i partigiani della piattaforma e i partigiani della sintesi sono meno grandi di quanto non siano invece importanti gli elementi di unione.
Anche Malatesta riconosceva che "è urgente che gli anarchici si organizzino per influenzare la marcia che segue il movimento operaio (il movimento sindacale)" e che "dalla sua direzione dipende, in gran parte, il corso che prenderanno gli avvenimenti e lo sbocco che avrà la prossima rivoluzione sociale." E' proprio per il fatto che "gli anarchici devono riconoscere l'utilità e l'importanza del movimento sindacale, che devono favorirne lo sviluppo e farne uno degli strumenti della loro azione." Ma, aggiunge Malatesta, che"sarebbe un'illusione funesta, come molti hanno, credere che il movimento operaio per sua stessa natura sia capace di condurre da solo a compimento la rivoluzione". Deriva da questa affermazione "la necessità pressante di organizzazioni specifiche anarchiche, che all'interno come all'esterno dei sindacati, lottano per l'integrale realizzazione dell'anarchismo e cercano di spazzare via i germi della corruzione e della reazione."
La Piattaforma non diceva niente di tanto distante. "Unendo gli operai sulla base della produzione, il sindacalismo rivoluzionario non ha teoria specifica; non ha una concezione del mondo rispondente a tutte le questioni sociali e politiche proprie di una società complessa come è quella contemporanea. Riflette sempre l'ideologia dei diversi gruppi politici, di coloro cioè che notamente operano più intensamente tra i suoi ranghi." E' per questo che gli autori della Piattaforma consigliavano agli anarchici di partecipare al sindacalismo rivoluzionario soltanto come una tra le diverse "forme del movimento operaio rivoluzionario."
Da parte loro gli anarco-sindacalisti non negavano il fatto che un movimento sindacale senza dottrina non era altro che una massa di manovra per le organizzazioni politiche. Per ciò proponevano un altro modello, fondato su un differente rapporto tra minoranza rivoluzionaria e organizzazione di classe.Questo modello esisteva di già da 15 anni in Spagna, ed era sul punto di essere introdotto anche in Francia precisamente nel momento in cui venne pubblicata la Piattaforma. Era un modello fondato sulla convinzione che il movimento anarchico non poteva avere consistenza di massa fino a quando non avesse creato esso stesso una sua organizzazione di massa.
La risposta sindacale
Sindacalisti rivoluzionari e anarco-sindacalisti contribuirono in Francia alla costruzione del partito comunista. Alcuni di loro lo abbandoneranno assai presto. Monatte, Rosmer e Delagarde ne saranno espulsi nel 1924. Dobbiamo innanzitutto richiamare ciò che abbiamo già sottolineato in apertura di riflessione, e cioè che la rivoluzione russa era il preludio all'estensione della rivoluzione in Europa. Seguendo questa ottica, sostenere la rivoluzione russa, qualunque ne fosse stato il carattere, era considerato di vitale importanza. "La rivoluzione cesserà ben presto d'essere russa per divenire europea", scrisse Monatte a Trotski, il 13 marso 1920. Tom Mann, un sindacalista rivoluzionario inglese (fondatore nel 1921 del partito comunista britannico) dirà come stavano le cose in modo molto chiaro: "Bolscevismo, Spartakismo, sindacalismo rivoluzionario, tutto ciò significa la stessa cosa celata sotto nomi differenti." Numerosi militanti sindacalisti rivoluzionari non colsero la differenza tra i soviet e le Borse del Lavoro, che per loro avevano,di fatto, lo stesso compito: riunire i lavoratori, e più in generale la popolazione laboriosa di una località su basi interprofessionali.
C'era poi, oltre all'antiparlamentarismo, altre somiglianze tra le posizioni del sindacalismo rivoluzionario e quelle dei bolscevichi: somiglianze che bene rendono il senso dell'adesione di certi militanti al partito comunista. Queste tratti comuni saranno ben evidenziati dai dirigenti bolscevichi stessi, desiderosi di attirare a sè i militanti operai più attivi. Chabit, Hasfeld, Martinet, Monatte, Monmouseau, Rosmer, Sèmard e altri facevano parte di quella schiera. Sostenere, come fa Brupbacher, che il sindacalismo rivoluzionario realizzò così il suo suicidio è comunque esagerato. Se questi militanti hanno mancato di discernimento è comunque cosa difficile da imputare loro. Resta però il fatto che questa mancanza di discernimento non fu fatalità. Gaston Leval, andò a Mosca nel 1921 come delegato aggiunto della CNT spagnola per prendere parte al congresso costitutivo dell'Internazionale dei sindacati rossi. Ciò che vide a Mosca lo rese consapevole che la rivoluzione stava trasformandosi in dittatura di partito. Il rapporto che farà al Congresso di Saragozza nel 1922, convincerà la CNT a non aderire all'Internazionale dei sindacati rossi, permettendo all'anarco-sindacalismo spagnolo di non subire il processo di "bolscevizzazione" subito da altre centrali sindacali uropee.Nel 1922 si costituirà, in concorrenza con l'Internazionale dei sindacati rossi, l' A.I.T.
Si può a questo punto ammettere che l'accelerazione impressa alla storia dall'Ottobre 1917, agì in seno alle differenti correnti del movimento operaio in maniera tale da marcarne più chiaramente i confini.Se possiamo dispiacersi, infatti, che il sindacalismo rivoluzionario e l'anarco-sindacalismo non abbiano conservato la loro posizione dominante in Francia, sul piano internazionale la situazione era di gran lunga più incoraggiante: l'A.I.T aveva sue sezioni in 24 paesi e riuniva milioni di lavoratori. Il suo declino è meno il risultato di una inadeguatezza ai tempi nuovi, che la conseguenza dei massacri della guerra, del fascismo, del nazismo e dello stalinismo.
Dopo l'assassinio di sindacalisti compiuto dai comunisti, alla maison des syndacats di Parigi, l'11 gennaio 1924, molti anarco-sindacalisti e sindacalisti rivoluzionari si impegnarono nella costruzione di una nuova centrale sindacale, dando vita alla CGT-SR, durante il congresso di Lyon del 1-2 novembre 1926.
La nuova organizzazione affermava la necessità, per il sindacalismo, non solo di svilupparsi fuori dei partiti politici, ma addirittura contro di essi. Era qui esplicita la polemica contro l'Internazionale comunista che teorizzava la costituzione di frazioni comuniste dentro i sindacati con lo scopo di prenderne la direzione.
La costituzione della CGT-SR è innegabilmente la risposta dell'anarco-sindacalismo alle nuove condizioni create dal regime bolscevico. E' per queste ragioni che possiamo affermare che la CGT-SR è l'altra faccia della medaglia, messa in gioco nello stesso anno del 1926, della risposta che il movimento anarchico dava alla trasformazione della rivoluzione russa in regime dittatoriale. La Piattaforma di Archinov era l'altro verso della stessa medaglia.
I documenti di costituzione della CGT-SR offrono una vera e propria riflessione sul contesto storico dell'epoca, in particolare sulla crisi mondiale, sull'avvento del fascismo (aspetto che non era trattato nella Piattaforma), formulando al contempo un programma politico adeguato. Con il suo comitato confederale nazionale, la commissione amministrativa, gli uffici posti sotto il controllo di due segreterie, aveva una struttura che molti anarchici oggi avrebbero giudicato "autoritaria".
Una tattica rivoluzionaria vincente consistente di due linee principali d'azione: contendere l'egemonia sul movimento operaio alle altre formazioni rivoluzionarie e sviluppare azioni rivendicative rispetto alle quotidiane condizioni di vita del proletariato. E' buffo notare che l'asse teorico su cui ruotava tutta la Carta di Lyone, corrisponderà, pari pari, al programma di transizione elaborato da Troski, dieci anni più tardi!
Il dibattito sulla questione del modo d'intervento dei libertari, siano essi anarco-sindacalisti o anarco-comunisti, resta tutt'oggi aperto. L'esperienza storica della socialdemocrazia e del leninismo hanno oscurato questi due movimenti nel loro tentativo di proporre un'alternativa al capitalismo.
80 anni dopo l'Ottobre, 60 anni dopo la carta della CGT-SR e la Piattaforma di Archinov, le circostanze impongono che il nostro movimento rappresenti un'alternativa alla politica socialdemocratica, sia essa riformista o radicaleggiante, integrata nello stato e subordinata ai partiti politici. La prossima rivoluzione non sarà la ripetizione nè della rivoluzione russa, nè di quella spagnola. Non esiste più un Palazzo d'Inverno da conquistare, nè d'altra parte organizzazioni rivoluzionarie di massa che propongono un modello di società nella quale il proletariato si riconosca. Bakunin diceva che il socialismo "non troverà una reale esistenza che nell'istinto rivoluzionario istruito, nella volontà collettiva e nell'organizzazione specifica delle stesse masse operaie, e quando questo istinto, questa volontà e questa organizzazione no ci sono, i migliori libri del mondo non sono altro che teorie nel vuoto, sogni impotenti."
Note
1) Alexandre Skirda, Autonomie individuelle et force collective, Les anarchistes et l'organisation, de Proudhon à nos jours, ed. A.S, 1987.
(2) Nel dibattito sulla "sintesi", l'individualismo fu presto messo da parte. Dopotutto, che bisogno c'era per un individualista di organizzarsi (se non quello di impedire ad altri di organizzarsi)? Non entro nel merito di questa discussione, ma ricordo soltanto la critica feroce all'individualismo compiuta da Bakunin e messa in relazione alla critica dell'ideologia borghese e dello Stato. La libertà individuale assoluta è una nozione metafisica che sfocia nell'idealismo. La condanna assoluta, fatta da Bakunin, del nichilismo dei filosofi post-hegeliani - di cui Stirner faceva parte - apre inevitabilmente la questione: se Bakunin è anarchico, Stirner non lo è (e viceversa). Nella dottrina anarchica, c'è una teoria dell'individuo che è infinitamente più ricca dell'individualismo di Stirner; questa non basta per sostenere che l'anarchismo poggia sull'individualismo, nè per dimostrare che Stirner è anarchico... Il solo fatto di negare l'esistenza delle classi sociali e il loro antagonismo dovrebbe, invece, essere sufficiente per negare la patente di anarchico a chiunque sostenga queste posizioni. - Ritorna
(3) Les problémes constructifs de la rèvolution sociale.", 1923, in Les Anarchistes russes et les Soviets, Spartacus, p.198. - Ritorna
(4) Errico Malatesta, Rèponse à la Plate-forme-Anarchisme et organisation, quaderno del gruppo 19 luglio.
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